@19 Poeticamente: l’Apocalisse del carbonio

L’Apocalisse rimanda anche alla catastrofe e quindi al rivolgimento dei fondamenti e loro mancanza. Il tavolo e la cesta che reggono il cibo possono rompersi. L’entropia ha a che fare con il mutamento che può causare disordine evocante penuria e angoscia. L’incubo del crollo di ciò che ci sostiene per vivere, per stare e per continuare ad esistere, può riapparire dal profondo del nostro inconscio.

Dagli ultimi decenni esiste un giorno preciso dell’anno dove la Terra e il suo sistema ecologico non trasformano, in modo per noi favorevole, il ciclo del carbonio, perché noi consumiamo più di quanto possa essere assorbito e riprodotto. Come una nave ai tempi di Moby Dick che voleva assurdamente energia, vita e speranza dalle balene, ora noi dipendiamo dalle navi di petrolio. Noi siamo nell’acqua nera. E le altre energie vivono su essa. È una energia in esaurimento che sta preparando la guerra universale per l’accesso all’acqua potabile.

 

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Immagine di Christine Lindstrom – presa QUI

 

La natura vi sarà sempre, ma il problema risiede nel valutare se sarà presente secondo un equilibrio per noi confortevole. La nave crea la città e la terraferma dipende dall’attracco di queste balene di acciaio. Le città sono rifornite da navi che incrociano arterie di tubi che si inoltrano nelle acque. Ora è la grande città di energia che vive presso le navi che ondeggiano tra una sponda e un’altra. Tutto ciò ha più di 150 anni e sta finendo. Anche se noi trovassimo altre fonti di gas, l’amoroso e venefico abbraccio di una futura atmosfera di Venere, richiamerebbe l’Apocalisse.

 

Nella guerra dell’acqua sporca, ma bevibile, può accadere che con i nostri supporti tecnologici noi troveremmo altre fonti e ricicli sostenibili, e riformulare una visione della natura con animali semi liberi e addomesticati per compagnia e cibo da asporto. In Italia, per esempio,0 da secoli non esistono foreste, boschi o luoghi che non siano stati divelti e ripiantati dall’uomo. Ogni ecosistema naturale italiano è finto, nel senso di artefatto, perché è fatto dalla mano dell’uomo, sia nella tecnica, sia nel deflusso delle acque, sia nell’edificare la città e ricordarla nell’arte, nel simbolo e nel gesto. E le città sono fatte di tempo, di produzione e consumo, di alba e di notte, di pioggia e di Sole, e tutto è mantenuto dalle piante con la continua pulsazione della sintesi clorofilliana. Questa signora verde e linfatica che esiste e può esistere prima e senza di noi.

 

Noi come possiamo venire a patti?

 

Qui è il dilemma, e non si tratta più di consumare meno, o di esserne consapevoli alla stregua di redivivi ambientalisti. Ora siamo già nell’Apocalisse: non è più il tempo dei profeti. Siamo già nel processo irreversibile del cambiamento e nell’impossibilità di sostenere un consumo al di sotto del livello massimo di sostenibilità decrescente.

 

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Immagine di Giacomo Costa – presa QUI 

@18 PoeticaMente: il taglio finale

 

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Perseo con la testa della Medusa

Benvenuto Cellini – Ubicata in Piazza della Signoria in Firenze

 

Il taglio della testa in guerra, per una pena inflitta da un sistema giuridico moderno, o per un rituale pagano è un omicidio. È orrendo come tutti gli omicidi, ma con una consapevole volontà di attribuire significati e simboli successivi alla scomparsa del nemico. La testa è un tesoro, perché era il cibo: contiene l’essenza del nemico. Nell’antichità noi credemmo di possedere l’animo, il ricordo, oppure, al contrario, che si fosse sicuri di relegarlo definitivamente nel regno dei morti. In periodi ancora più vicini a noi, le teste mozzate divennero un trofeo, per certificare la potenza dell’assassino che agisce per la giustezza divina, giuridica, regale, politica e morale.

 

Nel periodo dei lumi la ghigliottina ebbe lo scopo di sublimare l’atto orrendo dell’omicidio. Di un omicidio che richiama le paure del maschio arcaico, riferite anche alla castrazione. Il taglio non è dovuto alla autodifesa ed ha una aggravante maggiore per la colpa dell’assassinio: è premeditato. Non si taglia la testa per rabbia, ira o follia. Lo si fa pensando con raziocinio a tutte le implicazioni per incutere terrore, oppure ad ottenere il plauso. Si è nel pieno delle proprie facoltà e se lo si compie in vista di una esposizione ad un pubblico, non vi è alcuna attenuante. Gli stati giuridici nazionali che hanno ancora la pena di morte, organizzano il rito in modo asettico; quasi impersonale. Il boia deve essere anonimo e senza volto e le sue azioni devono essere mediate da macchinari per compiere il gesto definitivo. In altri paesi con l’impiccagione o la fucilazione vi è un rituale tra il pubblico, l’autorità, il “colpevole” e il macchinario che uccide. L’esecuzione nella pubblica piazza è un rito sacrificale che stabilisce un equilibro tra la colpa e la pena. Il rito vuole coprire l’orrore della morte.

 

In questi mesi, l’ISIS – Jamāʿat al-Tawḥīd wa al-Jihād – (Stato Islamico della Siria ) ha ribaltato il processo di astrazione tra la morte e il taglio della testa. Vi è un contatto tra l’assassino e la vittima, affinché questa sia annichilita nel silenzio. Non a caso sono uccisi i giornalisti: coloro che vedono e parlano. L’ISIS vuole l’annichilimento e vuole instillare la paura attraverso i mezzi di comunicazione di massa: una strategia pubblicitaria da marketing occidentale. Sono stati qualificati come barbari, pazzi, di altre culture geneticamente malvagie. Loro sono i cattivi. Altri ancora dicono che loro sono i nostri prodotti, e la colpa è nostra. In ogni caso, la vittima è dimenticata. Al di là delle polemiche politiche e di guerra, l’elemento che desta ancora più timore è che hanno colto nel segno, se nei social quando qualcuno pubblica un dipinto di secoli fa che tratta della decapitazione, invece di parlare di arte e anche dell’orrore, e del sublime tragico, molti commentano sull’ISIS.

 

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 “Giuditta e Oloferne” Di Artemisia Gentileschi.

 

Immagine presa QUI

 

La visione dell’orrore e della morte scardina i nostri schemi storici ed estetici, e induce molti, anche coloro che nulla sanno di arte, di credere che Artemisia sia stata una sanguinaria in vita. Invece Artemisia Gentileschi, oltre ad essere una artista immensa ed unica, è stata la generosità in persona in vita. L’arte parla dell’animo umano e oltre alla luce vi è anche l’abisso senza riflesso di luce.

 

Cosa è per noi la morte che taglia, e se non è la morte, perché ci fa più paura un omicidio con una spada, invece che con un mitragliatore che dieci secondi ne può uccidere 20 di esseri umani? L’ISIS non sta utilizzando una paura nuova? Non è punizione divina, non è stato di diritto, non è scontro eorico, forse è una semplice affermazione di potenza sorda.

 

Che ne pensate? Ma la cosa più importante è: cosa provate? Cosa sentite nel vostro animo?

@18PoeticaMente: The final cut

 

Perseus with the head of Medusa.

 

Author: Benvenuto Cellini – Piazza della Signoria in Florence

 

 

 

The cut of the head in war, to a penalty imposed by a modern legal system, or to a pagan ritual, it is a murder. Every murder is horrendous and, in addition, here we see a conscious desire to attribute meanings and symbols after the disappearance of the enemy. The head is a treasure, because it was the food: it contains the essence of the enemy. In ancient times we believed to possess the soul, the memory, or, on the contrary, that we send him definitively in the realm of the dead. In periods even closer to us, the severed heads became a trophy, to certify the power of the killer acting on the justice of God, legal, royal, political and moral.

 

 

During the period of the Enlightenment the guillotine was meant to sublimate the horrendous act of murder. A murder that recalls the fears of the archaic male, who were also referred to castration. The cut is not due to self-defense, and it has a major aggravating for guilt of the murder: it is premeditated. Do not you cut the head out of anger, ire or madness. This is done with common sense thinking about all the implications to strike terror, or to obtain the approval. It is in the midst of his faculties, and if it is fulfilled in view of an exposure to an audience, there is no mitigating factor. The states that still have the death penalty, organize the ritual aseptically; it is almost impersonal. The Executioner must be anonymous and faceless, and his actions must be mediated by machines to make the final gesture. In other countries with the hanging or the firing squad, there is a ritual among the public, the authorities, the “guilty” and the machinery that kills. The execution in the public square is a sacrificial rite that establishes a balance between the guilt and penalty. The rite want to cover the horror of death.

 

 

In recent months, ISIS – Jama’at al-Tawhid wa al-Jihad – (Islamic State of Syria) has reversed the process of abstraction between death and beheaded. There is a contact between the victim and murderess, so this is annihilated in silence. Not by chance are killed journalists: those who see and speak. The ISIS wants the annihilation and he wants to instill fear through the means of mass communication: an advertising strategy from western marketing. They were described as barbarians, or crazy, or of other cultures genetically evil. They are the bad guys. Still others say that they are our main products, and the fault is ours. In each case, the victim is forgotten. Beyond the political controversy and war, the element that arouses even more concern is that they have missed the mark, though when someone posts a picture of centuries ago that is the beheading, instead of talking about art and also the horror, the sublime and tragic, many commented on the exploits of this ISIS.

 

 

“Judith and Holofernes” Of Artemisia Gentileschi.

 

The Imagine is taken HERE

The vision of horror and death disrupts our patterns historical and aesthetic. Some people, even those who know nothing of art, they believe that Artemisia was a bloody life. Instead Artemisia Gentileschi, in addition to being a great artist, was generosity personified in life. The art speaks of the human soul and in addition to light, there is also the abyss without light.

 

The death of that cuts is more frightening than a murder with a gun that in ten seconds can kill 20 humans. The ISIS is using a new fear. It is not God’s punishment, there is no rule of law, there is no clash eorico, maybe it’s a simple statement of power deaf.

 

What do you think? But the most important thing is: do you feel? What do you hear in your mind?