Archivi categoria: Neuromante

§CONSIGLI DI LETTURA: Trilogia dello Sprawl

Gibson, William. Trilogia dello Sprawl: Neuromante – Giù nel cyberspazio – Monna Lisa cyberpunk (Italian Edition) . MONDADORI. Edizione del Kindle.

Tonnellate di pagine sono state scritte su questa trilogia magnifica che ha avviato un genere, più rigoglioso che mai, fino ad oggi. Si può offrire uno spunto in più, partendo dalle tecnologie di oggi. Lo stile riprende Burroughs, nel tono e nella sintassi violenta, e si frammenta in un gergo digitale. La droga è elemento chimico, strumento, tecnologia, non più pozione. Sotto vi è il mito dell’immortalità per opera di un’alchimia tra scienza, tecnologia, fede.

Il primo volume connota uno stile che continua negli altri due in una inclinazione analogica nell’evocare strumenti, meccanismi, ditte, marche, oggetti del passato: tutti fusi e impastati in un grande GOLEM: l’osare. Andare oltre i limiti e quindi pagarne lo scotto. Da Philip Dick al mito di Icaro, ad Adamo ed Eva.

William Gibson è uno scrittore unico: scrive coniando termini come ciberneutica e cyperpunk, senza conoscerne effettivamente le tecnologie sottostanti. I romanzi sono stati scritti negli anni ottanta, ma risentono di modi di vedere dei due decenni precedenti: l’impostazione è meccanica. Si riprende dell’innesto corpo macchina che è orrorifica nella locuzione del <<cyborg>>. Oggi le tecnologie sono più soft, l’impostazione è sì di rete, ma più articolata e dematerializzata. Dal tendine al muscolo, si arriva alla molecola, al Dna.

Il punto di vista è statunitense, più precisamente asiatico-californiano.

I luoghi sono claustrofobici: tombe per dormire, scale e piani a chiocciola. È una distesa cibernetica di reti, nelle quali i nodi, gli uomini e le donne, possono essere costruiti, decostruiti, riprogrammati, distrutte. Sia nelle città sia nello spazio, negli asteroidi e dentro il cyberspazio.

Nei tre libri emergono grandi quantità di oggetti di tutti i tipi: una chincagliera sterminata nel tempo, tra elicotteri, accendini, mobili, ringhiere, banconi, vestiti. Un enorme supermercato semovente pacchiano, altamente tecnologico, assieme alla sporcizia, al vecchiume, all’immondizia. Ognuno è potenzialmente un residuo che è sempre in vendita: parti del corpo, e pure le loro molecole e neuroni. Una continua presenza di polvere e pulizia patinata. Un’osmosi putrida, come i filtri di un rene.

Tutto deve essere pieno in un continuo vortice che trasmette, ingoia, pulsa oggetti. È emblematico nel secondo romanzo, il robot con le tante braccia che assembla scatole, relazioni, dati, oggetti, simboli. Significati. Il cyberspazio che parla con se stesso e ingoia continuamente se stesso.

È una trilogia che permette una nuova visione del nostro inconscio.

Sia consentita però una nota traduzione in italiano del terzo volume. Vi sono errori sistematici nell’uso dei condizionali con in congiuntivi. E talvolta l’uso di verbi fattuali ripetuti che denotano una semplificazione eccessiva del testo in lingua originale. E non mi si dica che è una traduzione letterale dell’autore. Non esiste sia nel testo inglese e anche per il fatto che nella lingua italiana si ha una maggiore libertà nel comporre le forme verbali, rispetto a quelle inglesi, e in particolare di Gibson che non usa un linguaggio sofisticato.

Nei libri che compongono una saga, o che più semplicemente si riferiscono l’un con l’altro vi è il rischio di dover elaborare finali non troppo originali, per mantenere la coerenza giustapposta in romanzi che magari all’inizio erano progettati per essere unici. Vi sono comportamenti prevedibili per alcuni personaggi alla fine. Come se l’autore volesse tirare le fila e chiudere i discorsi aperti e di poco incoerenti degli altri libri, ma il livello è altissimo nella tensione emotiva per la scansione degli eventi.