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CONSIGLI DI LETTURA: Il cucchiaino scomparso e altre storie della tavola periodica degli elementi

Il cucchiaino scomparso e altre storie della tavola periodica degli elementi Copertina flessibile – 18 giugno 2014, ed. originale The Disappearing Spoon…and other true tales from the Periodic Table, 28 luglio 2011, di Sam Kean (Autore), Luigi Civalleri (Traduttore), Adelphi, Milano

È probabile che per la maggior parte degli studenti, almeno agli inizi dello studio degli argomenti afferenti alla “chimica”, si siano trovati in un universo intellettuale irto di angosce e di fatiche. Uno dei primi scogli titanici in cui naufragano le certezze delle proprie capacità cognitive, ritenute dopo tale evento meno che adeguate, è il totem della tavola periodica degli elementi.

Fonte di angosce talvolta è questa disposizione di simboli affissa nel muro delle classi, mentre si tenta di rispondere a un test, sperando miseramente che una sua visione fugace possa risolvere i dilemmi. Alcuni tentano di comprenderla in modo fotografico, incasellando regolarità che hanno una congruenza simile a un castello di carte. I più avveduti con la bacchetta da rabdomante scavano nel caos, per delineare tracce di regolarità che siano adeguate ai propri processi logici, dimenticando di apprestarsi a edificare castelli di sabbia sopra una pentola in ebollizione.

Sam Kean in questo libro, come in altre sue opere, mostra una eccellente capacità di coniugare una presentazione storica ben documentata con fonti e riferimenti bibliografici numericamente imponenti, assumendo nel contempo uno stile di un romanzo avvincente, in cui un protagonista nascosto, che è lo spirito di ricerca scientifico, agisce per risolvere il mistero.

Si pone la certezza mitica che un demone colpevole si diverta a celare la soluzione dei dubbi che uomini e donne tentano di risolvere, spinti da un bisogno che è impossibile ignorare. L’illusione narrativa delinea una trama verso un futuro incerto, costituita dalla sfida dell’eroe contro l’errore, l’antagonista mai domo, in una disfida senza fine. Lo stile del libro assume un andamento armonico con il premio di un avanzamento della conoscenza e un ritorno alle posizioni di partenza per le smentite delle ipotesi iniziali.

Ecco allora che in secoli di ricerca, con una accelerazione di scoperte a partire dalla seconda metà dell’ottocento, la tavola periodica degli elementi assume quella forma a noi pervenuta, Non va vista in modo bidimensionale, come se fosse una mappa di un gioco dell’oca. No. In realtà la tavola periodica degli elementi è un incrocio di diverse teorie e ricerche descritte attraverso simboli e correlazioni, incastonati in ipotesi divergenti.

Immaginiamo di intersecare origami di leggi, elementi, codici, ognuno diverso dagli altri, per opera di decennali esperimenti compiuti in tutto il mondo. Quella singola colonna che scorriamo nella tavola periodica degli elementi, non è una traccia di un colore depositata da un pennello, quanto l’ombra di più arcobaleni aventi sequenze diverse di toni che si inframmezzano in una sola linea.

La tavola periodica degli elementi non è uno scheletro riassuntivo di concetti, quanto l’espressione di processi di ricerca ancora in atto. Offre una minima carta di identità di ogni elemento e le loro eterogenee relazioni. La cornice e la forma stessa della tavola periodica è a sua volta, una sovrapposizione di teorie ritenute all’inizio congruenti, poi sostituite da altre, e riaggiustate come se si portasse la propria autovettura dal carrozziere.

Non è un caso che agli studenti, di primo impatto, venga il mal di testa, e aggiungiamo poi che se è spiegata davanti a una lavagna digitale o non, senza mai sperimentare nel contempo, ovvero senza porsi in via PRIORITARIA in uno studio laboratoriale, ciò è una vera tortura che allontana tutti dalla bellezza, dal valore fondamentale che essa ha per ogni nostra attività quotidiana, anche quella del dormire.

È un libro meraviglioso che ci introduce dentro i processi di ricerca, in modo carnale, empatico, vivo, vero, percorrendo la prima tappa con la vita, le caratteristiche, le aspirazioni dei ricercatori, dei tecnici e degli scienziati. Le loro capacità di ideazione, la loro cocciutaggine, le visioni, e anche le loro meschinità. Sì, perché come per gli altri ambiti di ricerca, il lavoro delle donne è stato osteggiato, rubato, misconosciuto e oppresso.

Nonostante che in questi ultimi decenni vi sia una lenta ricostruzione storica del ruolo delle donne nell’ambito delle scienze chimiche, è plausibile ritenere che sia ancora troppo lo scavo. Le donne si sono cimentate con difficoltà economiche e istituzionali, proibizioni, dileggi, e poi sotto sotto, circuite, ritrovandosi misconosciute nelle loro scoperte.

È una precisazione doverosa anche per la maschilista teoria per la quale le donne non siano portate per la ricerca scientifica, ancora, a mia personalissima e debole opinione, purtroppo imperante, anche se formalmente osteggiata dalle autorità politiche e della morale.

155-56 Segrè, che in seguito divenne un noto storico della scienza (nonché celebre cercatore di funghi), tornò sulla questione con grande lucidità in due suoi libri. In uno di questi si legge: «La possibilità della scissione del nucleo di uranio ci sfuggì nonostante ci fosse stata segnalata da Ida Noddack … che ci inviò un estratto di un suo articolo in cui indicava chiaramente la possibilità di interpretare taluni dei nostri risultati come conseguenza della scissione dell’uranio … La ragione della nostra cecità non è chiara nemmeno oggi».3 (Curiosità storica: le due persone che si avvicinarono più di tutte alla scoperta della fissione – Ida Noddack e Irène Joliot-Curie, figlia di Marie Curie – e quella che la scoprii per davvero – Lise Meitner – erano tutte donne).

Questo libro è un tesoro che ci riappacifica con noi stessi, con le nostre capacità di sperimentare e di inventare bloccate negli anni passate. Ci invita verso nuovi orizzonti nel pensare a nuovi modi di intendere il reale, ponendo in relazione le nostre esperienze e i nostri dubbi in una foresta rigogliosa, alimentata dalla gioia della scoperta. La nostra intima capacità di domandarsi su di noi e sul mondo.

Lo stile è ben scandito e scorrevole, corredato da numerose note con piccoli riassunti in esse, per chiarire i luoghi e i riferimenti storici.

E più di tutto ci riappacificheremo con quell’incubo di totem minaccioso, che in realtà è una traccia della nostra storia intellettuale. Uno spicchio di noi stessi che attende di essere finalmente abbracciato.

Un romanzo che è veramente un dono verso noi stessi e la nostra storia individuale.

§CONSIGLI DI LETTURA: MONDI SENZA FINE

Mondi senza fine, 2023, Urania, Mondadori, Milano, di Clifford D. Simak (Autore), Davide De Boni (Traduttore)

Il volume contiene 4 romanzi di Clifford Donald Simak: “Oltre l’invisibile”; “City”; “Way Sation” e “L’Ospite Del Senatore Horton”. Sono contraddistinti da una narrativa immaginifica con un senso della meraviglia, che invita il lettore a espandere il suo orizzonte visivo nel cosmo, mentre ci si immerge nel profondo dell’animo umano.

Il cuore del singolo e l’infinito del cosmo che convergono in una domanda: “Perché io Esisto?” e “Cosa è l’umanità?”

Domande terribili, che, però, sono dispiegate in una narrazione fantascientifica, evocativa, pudica e discreta, con una poetica magica, che effonde una pacifica suggestione di rilassatezza e di buona disposizione a pensare l’incertezza.

È impossibile leggere questi romanzi in modo distaccato, perché l’autore esige la collaborazione e la compassione del lettore rivolta a tutte le creature viventi e a quella particolare manifestazione del cosmo che è l’uomo, anche nelle sue gesta violente e distruttive.

Vi sono domande radicali, cui il lettore non può evitare di interrogarsi. Nel romanzo “Oltre L’invisibile” è posto principalmente il tema della presunta superiorità e del diritto dell’essere umano di disporre di ogni essere vivente dell’universo.

59-60 “ […] «Per farla breve,» proseguì Stevens «siamo portavoce dell’idea che agli androidi dovrebbe essere garantita l’uguaglianza con il genere umano. Di fatto, sono umani sotto ogni aspetto tranne uno.» «Non possono avere figli»

[…]

«Migliaia di anni fa è stato cancellato ogni legame di schiavitù tra esseri umani biologici. Ma oggi esiste un altro tipo di schiavitù, che lega l’umano fabbricato a quello biologico. Perché gli androidi sono una proprietà. Non vivono come padroni del proprio destino, ma al servizio di una forma di vita identica alla loro… identica sotto ogni aspetto, tranne per il fatto che una è biologicamente fertile, mentre l’altra è sterile» […]”

203-204   Tutta la vita possiede un destino, non soltanto quella umana. Esiste una creatura del destino per ogni altro essere vivente. Per ogni essere vivente e anche di più. Aspettano che la vita accada, e ogni volta che si manifesta una di loro è lì, e ci rimane fino alla conclusione di quella specifica vita. Non so come, né perché. Non so se il vero Johnny sia alloggiato nella mia mente e nel mio essere o se rimanga semplicemente in contatto con me da 61 Cygni. Ma so che è con me. So che resterà.

“City. Anni senza fine” si compone di una sapiente architettura di racconti mitici circa l’esistenza della presunta “razza umana”. E qui si arriva alla definizione del ciclo della nascita e della morte di ogni età del mondo, e delle specie viventi in essa coeve. Il timore della memoria e della ricerca di senso di ciò che si è stati e dello scopo di ogni senziente è mostrato, in una riflessione dolorosa, sperduta, alla ricerca di almeno una rispondenza temporale della veridicità del proprio esser stati in vita.

622-624 “”[…] «Ci sono altri mondi là fuori,» stava dicendo Andrew «e in alcuni di essi c’è vita. E persino una qualche forma di intelligenza. C’è del lavoro da fare.» Non poteva trasferirsi nel mondo delle ombre in cui si erano stabiliti i Cani. Molto tempo prima, quando tutto era iniziato, i Webster se n’erano andati per far sì che i Cani fossero liberi di sviluppare la propria civiltà senza interferenze da parte degli umani. E lui non poteva essere da meno rispetto ai Webster, perché anche lui, dopotutto, era un Webster. Non poteva intromettersi nelle loro vite; non poteva interferire. Aveva tentato la strada dell’oblio, provando a ignorare il tempo, ma non aveva funzionato, perché nessun robot poteva dimenticare. Si era convinto che le formiche non avrebbero mai avuto importanza. Si era risentito per la loro presenza, certe volte le aveva persino odiate, perché se non fosse stato per loro, i Cani sarebbero stati ancora lì. Ma adesso si rendeva conto che tutta la vita aveva importanza. C’erano ancora i topi, ma quelli stavano meglio da soli. Erano gli ultimi mammiferi rimasti sulla Terra, e non dovevano esserci interferenze. Loro non ne volevano e non ne avevano bisogno, se la sarebbero cavata bene. Avrebbero forgiato da soli il proprio destino, e se il loro destino non fosse stato altro che rimanere semplici topi, non ci sarebbe stato niente di male in questo.

[…]

 Col tempo non ci sarebbe stata più nessuna casa, ma solo un tumulo d’argilla a contrassegnare il punto in cui in passato ne sorgeva una. Tutto derivava dal fatto di aver vissuto troppo a lungo, meditò Jenkins – aver vissuto troppo a lungo e non essere in grado di dimenticare. Quella sarebbe stata la parte più difficile: lui non avrebbe mai dimenticato. Si voltò e riattraversò la porta e il patio. Andrew lo stava aspettando ai piedi della scala che portava a bordo dell’astronave. Jenkins tentò di dire addio, ma non ne fu capace. Se solo avesse potuto piangere, pensò… ma i robot non potevano piangere […]”

“Way Station. La casa delle finestre nere” accoglie tutti noi in una sensazione di struggimento, nostalgia di amore, di una civiltà, del tempo, il passato e il presente, che si confronta con l’eternità, per venirne a patti. Il dilemma scaturito dalla consapevolezza che la mortalità ha le idee, i pensieri, la memoria, le aspirazioni, la fantasia.

Se diventassimo immortali, d’altro canto e se fosse impossibile cambiare il proprio sé rispetto ai tempi più lunghi imposti al proprio io e alla propria mente, ciò colliderebbe con la nostra specifica individualità: la nozione dell’<Io>. Simak suggerisce che il sottoscritto, voi, e ogni mortale che ancora deve nascere, ha dei limiti nella sua evoluzione.

Il dubbio che l’evoluzione trascenda la mia intelligenza: informa che io sono destinato a diventare un passato, ovvero una parte di ciò che avverrà, o semplicemente di comporsi in un magma che sprofonda nell’oblio.

La volontà di sopravvivere, mantenendo la memoria e la biografia del proprio animo, nella sua tensione di espandersi verso il tutto, ha la sua evoluzione in una sublimazione in un futuro che ingloba il passato.

Il mortale, quindi, ha come suo elemento costitutivo la perenne oscillazione di senso tra l’oblio e la negazione della realtà come altra da sé. Si rimane quindi imprigionati in questo dilemma, avendo la tentazione della scappatoia verso la morte. Con il terribile timore che l’eternità  possa soltanto promettere l’angoscia del fallimento.

Certamente Simak non pensava nel modo in cui il sottoscritto sta radicalizzando i suoi intenti e la sua poetica, ma egli è un grande scrittore che supera il genere della fantascienza, perché i suoi romanzi sfuggono dalle sue stesse premesse e intenti. Diventano dei classici. Acquisiscono una vita propria e si nutrono del fascino e delle sensibilità del pubblico che sopravviene nel tempo e nei luoghi ulteriori a quelli di riferimento all’atto della pubblicazione dello stesso autore.

I suoi romanzi hanno un lirismo poetico, una struttura mitica, una passione commovente nel cercare un abbraccio di consapevolezza circa i propri dilemmi, verso qualunque essere umano, anzi oltre esso: qualsiasi forma del vivere.

Sono il protagonista del mondo? Certamente i valori, i criteri della verità sono tali, coerenti e adeguati entro la mia specie, che si vede unica e il resto dell’universo un residuo. Mi concedo, quindi, il lusso di guerreggiare e distruggere. Ma l’intelligenza e l’idea dell’anima, questo mio “io” e “destino” correlato, sono i punti insondabili di ciò che è la rappresentazione del mondo. Oppure ne sono un epifenomeno tra i tanti? E quindi ancora la nozione del vivere e la rappresentazione di esso, nei modelli di vita, non potrebbero essere di più e diversi da noi?

L’insignificanza, ancora prima dell’oblio, comporta in questi romanzi, dalla paura della supremazia del primo romanzo, a quella della estinzione del secondo, al terrore della propria insignificanza nel terzo, la percezione dell’abisso e nel contempo la visione di una prospettiva più ampia dell’universo. Fino alla irresistibile richiesta di un perché della realtà nel quarto romanzo “L’ospite del senatore Horton”.

E qui che vi è il poetico e lo struggimento, perché Simak utilizza la vastità delle galassie per mostrare la periferia infima del nostro settore dell’universo e noi in esso, ma offrendo, con questa amara consapevolezza, un arricchimento del proprio vivere, qui ed ora.

È impossibile che noi non ci si possa porre le domande sul nostro senso dell’essere, del luogo, e dell’anima, nonostante che l’insensatezza sembra essere l’unica conclusione.

Eppure nei romanzi si mantiene un filo di speranza nel mantenere la memoria e una costanza di comprensione, ove il luogo è una semplice, pudica, ma universale compassione, forse anche al di là della volontà dell’autore. Tra i monologhi interiori, le domande retoriche, i picchi drammatici, le scene d’azione, sublimano in un lirismo in cui il proprio dolore di una nostalgia di ciò che non è mai accaduto e di ciò che da sempre fu impossibile sperare, rivela la capacità infinità di subire la sconfitta della morte, mantenendo l’attitudine a cantare e a poetare della propria condizione, tra il ritmo della caduta ultima, al verso stilistico dell’insignificanza.

L’accoglienza del dolore invita alla lettura, al richiamo, all’acclamazione di un segno di speranza all’infinito, in uno spiraglio di insensatezza eterno, tra gli spazi e i millenni.

I romanzi sono contraddistinti da una iniziale descrizione dell’eroe che, in primo luogo, esce fuori dalla comunità. È il deviante. Chi per il tempo, chi perché deve compiere una impresa per conto di potenti organizzazioni, ovvero quelle che costituiscono la trasfigurazione del “grande padre”. L’eroe intuisce il mistero, e in quell’istante diventa il pericoloso deviante.

L’uomo che viaggia nel tempo. Il mutante con i tre corpi. L’uomo immortale. Protagonisti solitari al limite del crimine e della follia. Ogni loro individuazione è aiutata dalla donna “Beatrice” che assume il ruolo di una guida, che offre un luogo, una risorsa, una parte umana di sé che riaffiora. Ella è sempre la figlia di un padre che è l’autorità, che dipende da quella organizzazione dove il protagonista ha avuto lo scopo e la missione. Ma che ritorna contravvenendo agli scopi iniziali.

Il deviante consegna un messaggio che rende insensato lo scopo iniziale e quindi la stessa organizzazione, ovvero la specie umana. La nazione che si crede la più potente. La razza umana che si crede di dominare le altre. Di essere unica. La razza umana che pretende la galassia. Ognuna di queste trame della follia, diventa arcaica, una facezia, un soffio d’aria dileguante.

Simak si interroga sul messaggio religioso del mistero. Non è un caso che gran parte dei nomi dei personaggi hanno riferimenti a caratteristiche di virtù, di inclinazioni, di debolezze, di luoghi che hanno avuto significati storici e religiosi. Tali assonanze sono poste in corrispondenza con le capacità, le attitudini, le capacità fisiche, e l’aspetto. Attraverso i termini scientifici, usa i miti medioevali, traslati in altri tempi, in altri mondi. Il mostro, il lupo, la minaccia del pericolo, e del male, che è proiettato fuori e che forse è dentro di sé. L’eroe difende i più deboli, e quindi cerca la parte più debole di sé.

È la canzone dell’eroe che cerca il Graal, tuffandosi nella realtà. Il protagonista sopravvive se la sua visione del mondo volge nel pietismo, nella compassione, e nell’accettazione dei limiti. È il messaggio morale nascosto di Simak forse a lui stesso non esplicito, ma che si trova nei decenni traslato in sempre nuovi romanzi.

§CONSIGLI DI LETTURA: STARPLEX

Starplex, di Robert J. Sawyer (Autore),
Mauro Gaffo, Traduttore, Urania, 1996,
Mondadori, Milano

“Starplex” è un crocevia di luoghi classici della fantascienza in ordine ai temi dei viaggi interstellari, alla natura delle leggi della relatività generale, e al destino degli esseri viventi e dell’intero universo, all’interno di un processo di acquisizione di conoscenze, attraverso gli stimoli e le domande che vengono calibrate dagli impieghi tecnologici.

È anche una riproposizione dei grandi afflati di democrazia, di apertura, di approccio con lo straniero e le culture “altre”, tipici degli anni sessanta, individuati da saghe come “Star Trek” e non è un caso il rimando indiretto del titolo del libro.

Le produzioni di fantascienza proiettano le storie e i conflitti individuali e sociali tra singoli e interi agglomerati statuali al di fuori del pianeta Terra, in luoghi in cui risiedono umanoidi o forme di vita radicalmente diverse che hanno però, comunque un nostro tratto tipico di comportamento e di valori, che induce a una relazione conflittuale e/o di collaborazione. Le vicende che avvengono tra le entità senzienti sono poi tradotte in avventure con un climax tale da indurre inconsciamente, e non, al lettore una valutazione morale ed etica delle questioni che riguardano direttamente il nostro vivere.

Se il modo di vedere l’esterno è quello di un confine di guerra, allora ogni forma d’intelligenza è un nemico, e quindi estendiamo la nozione di pericolo all’intero cosmo. La ricerca di cibo, di energia, di ambienti adeguati atti alla prosecuzione della nostra specie, si allarga a quella di ambienti interplanetari per arrivare a quelli ultra galattici.

Dalle tensioni derivate dalla volontà di acquisire il potere, di soddisfare i bisogni primari e quelli più evoluti, si esprime una dinamica di scontro e di dialogo tra le diverse razze e forme di vita al limite dei nostri parametri di loro riconoscimento.

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“Starplex” però offre un passo ulteriore di approfondimento che dalla iniziale antica domanda sul “chi siamo noi” umani su questa Terra e su questo Cosmo, e quindi nelle due divaricazioni tra l’origine e lo scopo, la si estende a porre tale questione a forme senzienti tremendamente più antiche e potenti, fino poi a porre in questione il destino dell’intero universo.

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Il tema è sviluppato nel corso della prosecuzione degli avvenimenti. E pone, quindi, dilemmi morali che riguardano noi terrestri, oggi, qui, sul pianeta Terra. Robert J. Sawyer è un canadese come gli altri suoi colleghi coevi sente il bisogno di indagare il tema del riconoscimento delle minoranze, delle culture altre, e di una convivenza aperta e reciprocamente fruttuosa. Ciò deriva dalle condizioni storiche, politiche e statuali della loro nazione di residenza. È opportuno precisare che l’autore non propone facili soluzioni che esortino a un vivere dove tutti si vogliano bene, in un mondo incantato costituito dalla collaborazione e convivenza stretta senza porsi in discussione ed affrontare il sistema dei valori e delle conoscenze in cui si è inseriti. Tale necessità non deriva da una adesione semplicemente volontaria e di abnegazione ma di una riflessione razionale per la quale, l’assenza di una volontà di condividere le risorse e le conoscenze, porterebbe comunque alla estinzione di ogni presunto contendente.

L’autore ha studiato in modo approfondito di astronomia, di meccanica aerospaziale di teoria della relatività. Il romanzo descrive scenari verosimili, pur all’interno di alcune ipotesi fantascientifiche. Tutto però è descritto in modo coerente, con azzardi ben congegnati e adeguatamente descritti. La lettura è anche un’occasione per comprendere le nostre nozioni riguardo la velocità della luce, la materia oscura, i modelli di descrizione dell’espansione o meno indefinita dell’universo, la struttura delle galassie, e infine l’uso della variabile temporale in un’ottica in cui il limite costante della velocità della luce sia posto in discussione.

È veramente immaginifico e nutre la creatività del lettore spingendolo ad immaginare scenari in cui si possa veramente trovare nelle situazioni dei protagonisti.

Il perno fantascientifico è relativo ai salti interstellari causati da una rete di scorciatoie artificiali che costella la Via Lattea e non solo. Ed è qui un punto focale che abbisogna di chiarire, perché gli stratagemmi del salto, del passaggio, del tubo magico, della singolarità che sono usati in innumerevoli racconti di fantascienza si basano tutti sull’idea di poter aggirare il limite della velocità della luce e quindi di uscire fuori dalla concavità del cono spazio temporale, e quindi considerare lo spazio come un punto e il tempo anche con una misura negativa, che comporta la possibilità, quindi viaggiare nel tempo.

Parliamoci chiaro: non è solo una questione di impossibilità tecnologica o di una mancanza di una teoria scientifica attualmente oscura. All’interno del paradigma relativistico in cui pensiamo, per viaggiare alla velocità della luce, o addirittura superarla, ci vorrebbe una quantità tale di energia che ammonterebbe a quella di tutto l’universo.

In un’ottica ipercritica si potrebbe considerare tale ipotesi abusata, pigra, di maniera, ma non se ne può fare una critica eccessivamente spinta all’autore, anche perché non sarebbe più un libro di fantascienza. A suo merito però si pone l’intenzione di discutere di tale natura di salto e di porre una spiegazione plausibile non tanto verso le relazioni dello spazio-tempo, quanto invece, sull’analisi della continua dilatazione dell’universo stesso in rapporto alla materia oscura. Ecco qui l’autore descrive ipotesi interessanti, pregevoli, coerenti rispetto alle ipotesi immaginifiche iniziali, ma coerenti rispetto al nostro bagaglio teorico effettivo.

Non descrivo in modo compiuto la trama e alcune vicende, perché il romanzo è denso di sorprese, e toglierei il piacere della lettura al pubblico. Posso soltanto suggerire alcune questioni di fondo che pone il libro, per chi volesse rifletterne in modo più approfondito:

  • Poiché l’universo ha più di 14 miliardi di anni, siamo così sicuri che la sua evoluzione è volta ad adempiere a uno scopo predefinito quali la creazione degli esseri viventi che hanno di base il carbonio e quindi giungere alla razza umana? Siamo davvero noi il picco della piramide evolutiva?
  • È proprio necessario reagire in modo automatico al sopruso, all’attacco violento, o a una azione di ostilità interstatuale? Non si può lasciar correre? Non accettare lo schema di azione e di reazione? Non è meglio invece rispondere in modo asimmetrico cercando invece la collaborazione, anche tenendo ferme le proprie possibilità di difesa? In altri termini, è proprio necessario che gli inevitabili conflitti che intercorrono tra forme aggregate debbano sfociare poi in azioni che abbiano sempre le etichette dell’odio e della rabbia

È un romanzo che fa respirare l’aria di montagna: fresca, tonda, e vivificante. Un’avventura verso noi stessi e le domande sul nostro destino.

Sia una meraviglia di lettura.

§CONSIGLI DI LETTURA: LA BRIGATA DEI BASTARDI.

La Brigata dei bastardi. La vera storia degli
scienziati e delle spie che sabotarono
la bomba atomica nazista, di Sam Kean,
Traduzione di Luigi Civalleri,
La collana dei casi, 2022, Adelphi, Milan
o

Prima ancora della trasmissione nei cinema del film “Oppenheimer” del 2023, questa ricostruzione storica in forma di romanzo, è sorprendente nel rivelare il gran numero di persone coinvolte, alcune impensabili, e altre dimenticate. Vi è un’ottima documentazione che parte dagli archivi dei servizi segreti delle nazioni che furono coinvolte nella seconda guerra mondiale.

Tutto ciò che è accaduto è reale. Personaggi, biografia, avvenimenti, avventure, esperimenti, vita privata. Persone famose come i ragazzi di Via Panisperna, la famiglia Curie, sportivi famosissimi un secolo fa, tutti, agirono per non permettere ai tedeschi di sviluppare la bomba atomica. Chi agì come una spia, chi intraprese attività di guerriglia durante il conflitto, chi, da lontano, accelerò nelle ricerche per nuove scoperte scientifiche.

Il libro ha una struttura di un romanzo con una grande quantità di protagonisti, l’uno ignaro dell’altro, ma tutti agenti in modo corale lungo gli anni. E sebbene la struttura narrativa dia l’impressione che sia immaginifica, in realtà le vicende narrate, sono tutte ben documentate, anche dagli stessi attori, mentre erano ancora in vita.

È un libro che trasforma resoconti di ciò che accadde in un insieme di storie parallele avvincenti che non inventano alcunché, perché la Brigata dei Bastardi fu un accrocco simile a una sporca dozzina composto da campioni sportivi, premi Nobel per la fisica, agenti segreti improvvisati, esuli militari e politici dalla unione Sovietica, e dalla Germania nazista, nonché dall’Italia fascista.

Alcuni mesi prima dell’inizio della seconda guerra mondiale in Europa e negli Stati Uniti cominciò a esser sempre più viva la preoccupazione che la Germania Nazista stesse compiendo velocemente la capacità di ottenere energia atomica atta per un a riconversione di tipo militare.

Tra alti e bassi di costituirono nuove organizzazioni di spionaggio coinvolgendo personaggi famosi alcuni, oscuri altri, diversissimi tra loro, ma consapevoli del pericolo.

Le vicende coinvolsero anche chimici e fisici che decenni prima scoprirono alcune leggi relative al comportamento fissile di alcuni elementi chimici e le correlative ricadute in ambito fisico. Mancava una concreta possibilità di applicazione ingegneristica. Adolf Hitler diede una sveglia a tutti.

Le letture in cartaceo o in formato digitale dovrebbero essere accompagnate da ricerche su web in contemporanea alla presentazione dei personaggi, e al richiamo di nozioni di fisica e di chimica. È un ottimo indicatore per approfondire conoscenze reperite distrattamente e in modo forse episodico negli anni, ma anche per recuperare il nostro passato. Sì, in questo libro ritroviamo noi stessi, perché tutti costoro sono stati la nostra storia. Hanno determinato indirettamente paradigmi di opinioni con le quali ancora oggi, tentiamo di valutare ciò che intorno ci accade.

Da segnalare le chiarissime spiegazioni relative ai processi fisici che portarono alla fissione nucleare.

Commoventi sono state le biografie di resistenza dei Marie Curie e di sua figlia, anch’essa valente scienziata Irène Curie con il suo marito, altro premio Nobel, Frédéric Joliot, il quale divenne poi un capo segreto dei partigiani francesi.

Le vicende dei nostri ragazzi di Panisperna, da Enrico Fermi a Edoardo Amaldi, e di come cercarono ognuno a suo modo di mantenere l’umanità e di resistere contro la barbarie.

Irresistibili le vicende di Moe Berg, la spia più improbabile, ma incredibilmente letale contro la Germania, il campione di Baseball, poliglotta, gran affabulatore, mestatore, irrecuperabile spendaccione, fuori da ogni regola. E non si può non sospettare che sia stato l’ispirazione per migliaia di film di spionaggio del dopoguerra.

Senza contare il Generale Leslie Groves e i suoi collaboratori: dei veri e propri “bastardi”. E vi sono anche le vicende di coloro che affrontano pericoli consapevoli di poter morire da un momento all’altro, come Joe Kennedy Jr, fratello maggiore di John e Robert Kennedy.

E naturalmente ai dubbi, e ai nuovi problemi morali conseguenti, perché conoscenze così imponenti nei loro possibili ambiti di applicazione, comportano nuovi paradigmi interpretativi su ciò che è la responsabilità relativa all’uso della conoscenza. Ad esempio, tra i tanti, il chimico Otto Hahn e il fisico Robert Oppenheimer che portarono un dolore infinito per tutta la loro vita, a causa dei complessi di colpa. E si rimane, forse per l’opinione pubblica di bassa lega, dalla quantità di scienziate che contribuirono alla ricerca e alla resistenza contro tutto e tutti, ad esempio Lise Meitner.

E però, si provano grandi turbamenti sull’animo umano che ha una doppia faccia. Un cuore pieno e generoso che però nello stesso tempo, ha lati oscuri e riprovevoli, come il premio Nobel per la fisica Werner Karl Heisenberg che rimase a lavorare per i nazisti fino alla fine. Che ebbe la convinzione di salvare la scienza e la ricerca comunque anche in Germania, nonostante e contro Hitler. Colui che assieme ad altri suoi collaboratori, si diede da fare per salvare di nascosto tantissimi ebrei, organizzando una struttura operativa per farli fuggire dalla Germania. Colui che durante i bombardamenti degli alleati, si comportò eroicamente per salvare individui sconosciuti dagli incendi e dai crolli dei palazzi, rischiando in prima persona, mentre un momento prima parlava di come inventare nuove soluzioni per costruire una bomba atomica a servizio della Germania. Colui che non aiutò a salvare i genitori di un suo amico che lo favorì tantissime volte, fisico come lui, ovvero Samuel Abraham Goudsmit.

Vi è un campionario di varia umanità ricchissimo, inesauribile di spunti. Irritante e ammirevole nello stesso tempo. Leggendo il libro è impossibile non immedesimarsi con questi personaggi, perché sono il nostro specchio. Sono proprio come noi.

§CONSIGLI DI LETTURA: HYPERSPHERE

Hypersphere, di Nick V. O’Bannon
(pseudonimo), 2022, Editore Indipendente

È un romanzo che stimola la curiosità, perché impiega concetti matematici complessi negli ambiti della ricerca fisica nel campo ingegneristico avio spaziale e in quello dello studio degli astri, in modo rigoroso nelle sue determinazioni.

Sembra scritto da un matematico prima di tutto e lo si nota negli stili linguistici dei protagonisti come lo scienziato che ha progettato sistemi di aviazione aventi l’obiettivo di viaggiare attraverso salti gravitazionali. Vi è, inoltre, l’intento di capire o almeno di scoprire le topologie più complesse nel descrivere l’universo.

Vi è anche l’ingegnere che parla attraverso il suo mestiere di ex pilota extra orbitale dei marines, immerso nella nuova attività di comandante della nave aerospaziale Aphrodite. Un prototipo di nuova generazione connesso al grande reattore circolare Venus, lungo più di cento metri, dotato di propulsori atti a viaggiare attraverso le curvature gravitazionali in modo da porsi su sistemi di riferimento tangenti a quelli dei coni, determinati dalle coordinate spaziali della velocità della luce.

In più vi è la figlia dello scienziato che esprime il punto di vista politico e ideale del singolo e dell’umanità in base alla propria responsabilità verso il pianeta Terra e verso le sue specie e la sua sopravvivenza che è posta essenzialmente nel dovere di evolversi e di ricercare e conoscere. Ella è anche l’organizzatrice del viaggio.

La trama segue uno schema mitico che facilita la lettura: si ha, nonostante la variazione multidimensionale dei luoghi, l’unità di luogo all’interno della nave in cui il padre, lo scienziato goffo e distratto nei suoi studi, invano non percepisce la ricerca di attenzione della figlia. E, infine, il pilota acquisisce il ruolo del figlio acquisito che, come un novello Telemaco, ricerca la sua Itaca, essendo scappato dal suo genitore originario: la marina.

Ognuno di loro cerca nuovi stadi della propria esistenza. Lo scienziato, rispettato all’inizio per aver scoperto la possibilità di viaggiare con nuovi sistemi di propulsione, fu deriso poi per le sue teorie relative alla natura dell’universo. Nonostante tutto, vuole confermare la sua visione, sperimentando il nuovo sistema di propulsione con alcuni coprocessori matematici militari appena creati, attraverso una appropriazione indebita, per opera della figlia.

La figlia sfida tutto e tutti, perché rileva una progressiva diminuzione delle possibilità di esistenza da parte del genere umano, a causa di un’etica primitiva basata sul lavoro e sul guadagno, e quindi alla sopraffazione. Profondamente avversa, quindi, contro il consumo indiscriminato e le credenze sacre che non permettono di rispettare l’ecosistema e di ignorare la possibilità che negli astri vi siano altre entità migliori della specie umana.

Il pilota subisce la scissione relativa ai valori in cui ha creduto da una vita, perché hanno mostrato la loro incoerenza e il loro impiego contradditorio e violento da parte dei suoi “padri” d’ordine e d’autorità. Sperso in un vuoto morale, ricerca un filo conduttore per il suo vivere divenuto incoerente e confuso.

Queste figure, ripetute in oceani di film e catene montuose di romanzi, anche qui emergono nella loro tipicità, ma nonostante tutto, dispiegano una base narrativa comoda, pronta a rendere più chiara la complessa realtà fisica in cui gli attori agiscono.

Certo vi sono ingenuità nell’intendere l’economia nella veste di un impianto malevolo e magico che obbliga alla povertà e alla schiavitù. Vi sono da parte della figlia visioni quasi fiabesche nel ritenere la sua visione dell’ecologia il volano verso un paradiso in cui si scambiano tempo ed idee, in un ambiente in cui non esiste il principio della degradazione dell’energia.

Si può essere benevoli nel giudizio circa l’impostazione economica elementare, anche perché oggi è di moda nei luoghi comuni, e quindi bisogna, anche per motivi di marketing, invogliare i lettori alla prosecuzione del testo, specialmente per quelli che non hanno il tempo, le risorse, la volontà di approfondire quanto proposto.

Il nome dell’autore è uno pseudonimo. Forse è un collettivo di scrittori, oppure una figura che ha utilizzato competenze di persone specializzate negli ambiti sopra descritti, perché le soluzioni affrontate, le descrizioni delle astronavi, la programmazione delle orbite, sono di alto livello.

I modelli che descrivono i buchi neri, gli orizzonti degli eventi, la teoria della relatività generale, la natura dell’universo e i suoi modi di presentarsi nelle configurazioni a più dimensioni, presuppongono uno studio pregresso.

Si potrebbe ipotizzare però che l’autore sia un maschio, perché la figura della figlia, talvolta sembra seguire gli schemi degli anni sessanta e ottanta. Per converso l’eroico pilota maschio all’inizio rude e poi sensibile anche per le schermaglie avute, diviene più empatico e disponibile. Insomma, una presentazione dei ruoli molto antica ed elementare rispetto alle dinamiche di genere odierne.

Il punto forte del libro però, e qui occorre riconoscerlo per il fascino che attrae, è rivolto a perseguire un romanzo fantascientifico “hard”, in cui le tecnologie e i principi fisici sono descritti in modo coerente, verosimile, e ben approfondito. Anche se non sono espressi esplicitamente, ed è un bene, altrimenti sarebbe un trattato universitario, vi sono termini come “gradiente”, “varietà differenziale e topologica”, “tensori”. Insomma è presentata una vasta quantità di concetti propri della geometria avanzata, delle relazioni tra la topologia e la metrica impiegata nei modelli della teoria della relatività.

La bellezza di questo libro risiede nel loro uso, attraverso le vicende in cui incappano i protagonisti. Non vi dico la trama: sarebbe un crimine. La sorpresa è una parte importante della narrazione. Posso solo offrire una tra le tante delle chiavi interpretative: richiamano il tentativo di Ulisse di ritornare ad Itaca, ed invece di incontrare i Ciclopi, i Feaci, e di litigare con il Dio Nettuno, affrontano gli astri viaggiando a più dimensioni spazio-tempo.

Stimola moltissimo la nostra fantasia e apre la mente a nuove possibilità nel pensare l’universo, rispetto ai concetti fisici e matematici ritenuti astrusi e faticosi da immaginare.

I fibrati, le varietà differenziali, i quaternioni, le applicazioni delle forme matematiche come i Tori, i nastri di Moebius, le bottiglie di Klein, veri paradossi se rapportati al mondo a tre dimensioni, qui acquisiscono una forma adeguata e coerente.

Nonostante che talvolta vi sia una sintassi imprecisa e piatta nelle locuzioni avverbiali e nell’uso dei tempi, oltre che a una eccessiva semplificazione delle frasi, è però avvincente nel rendere la domanda su di noi e sul mondo, un poco più ricca e colorata.

§CONSIGLI DI LETTURA: IL VIAGGIO DELLA ST. JEMIS

Il viaggio della St. Jemis di Isolde Fulke
(Autore), Salvatore Mulliri (Illustratore),
2021, Forevera Books

Questo viaggio è un’occasione per riformulare le concezioni di possibilità del proprio futuro interiore e di quello che si è concepito in gioventù, in rapporto al lettore adulto, e al divenire di quello che è inteso dai lettori più imberbi. È un’opportunità di confronto per intendere emotivamente il mutamento estetico scaturito dal sentire di come si è cresciuti. Giovani e adulti, assieme, nel comprendere le proprie relazioni all’interno di un orizzonte temporale più ampio e meno conosciuto.

Per il lettore giovane, se ha fretta nello scorrere le pagine, il libro offre l’opportunità di immaginarsi all’interno del gruppo dei pari, nel misurarsi relativamente alle abilità, alle capacità, alla reciprocità di eventuali sentimenti più profondi, alla possibilità di aggregazione, alla ridefinizione di nuove identità sociali, e al riconoscimento di una crescita di sé in vista di un’ottica di miglioramento.

Niente di nuovo: i miti e le storie da sempre collocano un prima e un dopo che si deve ripetere, affinché entrino sempre nuovi coorti generazionali, in modo che le precedenti passino nello stadio più adulto, fino alla trascendenza.

È un libro urticante per gli adulti e per chi ha già avuto esperienze di lettura fantascientifiche in gioventù e in età successive, perché potrebbe essere ritenuto una ennesima rivisitazione di schemi narrativi già incontrati e lontani ora dal proprio senso estetico, tale da inibire una immedesimazione verso i protagonisti.

Se ci si fermasse in una valutazione immediata, il lettore incorrerebbe in formule pigre nel ritenere che le vicende siano semplici nei rapporti di causa ed effetto e quasi prevedibili nell’intendere i comportamenti futuri degli attori in gioco. Il rigetto superficiale dell’opera rischia di occultare, qualcosa di inedito che, se compiutamente inteso, offre una dimensione inedita per interrogarsi su di sé.

È irritante nelle prime pagine perché nella chiarezza degli intenti, induce a cadere nell’amaca riposante dei luoghi comuni verso il sempiterno funerale dei romanzi di fantascienza, il suo cadere verso il fantasy, l’appiattimento stilistico e narrativo in una prosa sincopata tipica (sempre tipica nei decenni! E Decenni e secoli) dei “giovani”. Oltre all’uso di termini gergali, misti a quelli scientifici, nella funzione di simboli di appartenenza.

Eppure il fastidio continua, e costringe a rimuginare quasi offesi. Arrivando al picco delle proprie ubbie, ecco che se si presta ascolto al senso malmostoso, il cruccio in verità è anche dovuto al giovane del passato, dietro alle nostre spalle che continuamente ci interroga e ci domanda su ciò che siamo ora nell’aver adempiuto o meno alle promesse e alle aspirazioni che si sono formulate nella propria intimità.  

Esistono sì le forme paterne e materne nel romanzo, ma sono definite in quanto mancanti dai ragazzi, perché gli adulti con difficoltà riescono ad assumere tali oneri. Eppure, ed è qui il dilemma, forse sono proprio i piccoli e gli adolescenti che sollecitano gli adulti a divenire tali in modo più pieno.

Lo stile grafico è minimale, diretto, veloce, e immediatamente consultabile.

Talvolta accade, comunque, che un romanzo si inoltri in esiti forse non previsti dagli stessi autori, con attribuzioni di senso estranee agli scopi della stessa scrittura.

L’invito è accattivante, con l’autrice ( o forse autore, o più autori ) che si firma con uno pseudonimo da telefilm che induce a proprie inclinazioni e atteggiamenti verso il mondo, più che per il proprio vissuto pubblico, quindi in una postura ammiccante verso l’adolescente che non ha ancora una gamma di ruoli definiti.

Lo stile di scrittura ricalca quello delle parlate dirette e semplificate negli aggettivi e nei modi temporali declinati verso la comunicazione giovanile. E questo è in realtà oggi già un tranello, perché anche gli adulti parlano così. Forse il punto debole di questo romanzo è nell’intercalare dell’autore quando nelle premesse degli eventi topici, utilizza un linguaggio con vistosi errori di coniugazione verbale e partitiva, e con una ridotta ed elementare della varietà verbali. Talvolta sembra che sia stato scritto a più mani e sottoposto, in seguito, a poche e frettolose procedure di revisione.

E anche qui se si crede che sia un limite specifico, si incorre in una valutazione indebita. Si potrebbe obiettare che i processi di revisione siano oggi alquanto indulgenti e sbrigativi per molte delle opere pubblicate. I testi, poi, masticati magari anche da motori inferenziali per la produzione di periodi preconfezionati, se non copiati con piccole modifiche da strutture tipiche di narrazione, lasciano un senso di insipida assenza di memoria. 

Eppure questo specifico romanzo esprime qualcosa di inedito che sta emergendo, oggi, qui, in questa Italia di lettori divisa in adulti che hanno un’esperienza robusta per quanto riguarda l’approccio vivo alla lettura, e per quell’altra fascia di fanciulli, ragazze, adolescenti che legge tipicamente romanzi seriali di fantasy, di avventura, d’amore.

Vi sono molte imprecisioni chimiche, meccaniche e fisiche nelle descrizioni tecnologiche delle astronavi e delle stazioni spaziali, ma questa pecca è comune alla stragrande maggioranza dei romanzi di fantascienza passati, anche in relazione alle conoscenze e alle tecnologie dell’epoca. Solo quella quota minoritaria della fantascienza “hard” ne è di poco immune. Però, è qui la ricchezza della letteratura fantascientifica, perché, in un dato periodo storico, ci informa di ciò che è tipicamente tenuto come assodato, e di ciò che è immaginato e reputato per verosimile, in forma mitica e valoriale.

Le epoche storiche sono contraddistinte anche dalla quota del conoscibile e dell’autorevole con riferimento al mondo, allo spazio, all’impiego dei mezzi per disporre della materia, dell’energia e alla fine del potere. Ciò induce anche a comprendere il senso estetico dei lettori del tempo in ordine alle loro preferenze e suggestioni riguardo a ciò che di artistico è apprezzato in rapporto al conosciuto e ai mondi e alle tecnologie concepite. Sì, la fantascienza attinge comunque alle logiche del mito, che è antico quanto la genesi delle comunità umana, e anche al senso del praticabile nel presente, all’obiettivo del possibile per definire il futuro, e alla costruzione dei valori per ciò che è da venire.

Il fascino risiede appunto nella creativa produzione di nuove possibilità di esistenza, che induceva alla lettura ieri come oggi.

Il romanzo non insiste molto nei particolari meccanici dei manufatti, ma propone in un modo colloquiale ed efficace, l’insieme delle nozioni astronomiche relative alle orbite, come quelle di Lagrange, agli orizzonti dei buchi neri, alla deformazione della materia per opera delle forze di gravità. Vi sono richiami e scene in cui vigono disposizioni vettoriali diverse per opera delle inversioni delle forze di gravità, delle orbite eccentriche ed ellittiche. Vi è la descrizione della spinta gravitazionale che permette alle astronavi di cambiare le rotte. Vi sono indicate le nuove strategie per viaggiare nello spazio, come le vele solari, già in uso oggi per alcuni satelliti. La legge di Stokes per i fluidi. Apparenti paradossi tra la grandezza fisica della gravità e le curvature della materia.

Sono tutti argomenti ben sperimentabili. E non è un caso che le astronavi e le stazioni spaziali orbitanti siano descritte tenendo conto delle nozioni suddette. Le stesse navicelle richiamano i progetti odierni in fase di sperimentazione e di sviluppo dei nuovi vettori di lancio.

La caratteristica commendevole risalta nel modo quasi colloquiale ed accogliente di tali nozioni. Dovrebbe essere tenuto a mente di chi professa il mestiere di docente di fisica e di matematica. Ciò non è utile solo per i giovani, ma anche per gli adulti, perché, sì, ed è qui l’irritazione, i più ignoranti sono i lettori antichi.

È resa disponibile un’occasione per riaggiornare le lenti con cui si sperimenta il mondo, per ampliare l’orizzonte linguistico che è dei giovani e anche il nostro. Anche gli adulti leggono poco, anche i maturi prendono testi scritti e intermediali e li spostano tra diversi supporti tecnologici. Ben pochi hanno il lusso del tempo e la disciplina di interpretare i testi intermediali e gestirli in modo approfondito e ripetuto avendo a memoria le versioni e le proprie esperienze anche estetiche ottenute.

Si è tutti nella stessa condizione. La lettura di questo romanzo costituisce un viaggio in modo che ognuno possa essere presente nel proprio tempo e renderlo disponibile ai compagni di viaggio.

I protagonisti permangono: anche il cattivo deve trasformarsi. È l’etica del bimbo delle favole, perché tali caratteri ritornano per una nuova avventura.

Malignamente, si potrebbe sospettare che sia il solito espediente per generare una serie di libri a tema, per futuri introiti. Su tale fenomeno per il quale la fantascienza sembra schiacciata nello stile Fantasy che è trasformato in livelli sempre crescenti di videogiochi è una possibilità. Non è detto che sia uno scadimento.

Quello che occorre capire e se ciò sia valevole per un arricchimento alla lettura, utile per ampliare l’immaginazione, promettente nel formulare nuove risposte rispetto alle promesse che i giovani dichiarano al proprio animo e a quei giovani che gli adulti sono stati.

Questo romanzo è una sfida per tutti.

§CONSIGLI DI LETTURA: HAIL MARY

Project Hail Mary di Andy Weir (Autore),
Vanessa Valentinuzzi (Traduttore),
Prima edizione 2021, Edizione Italiana 2023,
Mondadori, Milano

Il romanzo di Andy Weir segue lo stile dei due precedenti come Martians (Premere qui per leggere un consiglio scritto di lettura) e (Premere qui per leggere un consiglio scritto di lettura) Artemis. Vi sono protagonisti, maschile nel primo, femminile nel secondo, che hanno un rapporto conflittuale con le autorità. Mostrano una distonia tra ciò che il potere e il diritto pretendono per il mantenimento dell’ordine sociale e per risolvere problemi scaturiti da pericoli incombenti, a fronte dei valori di libertà e democrazia che conferiscono a loro autorità.

Le esigenze del collettivo, o delle élite, se sopravanzano le richieste e le aspirazioni del singolo, spingono il protagonista del romanzo a opporsi a seguire una accondiscendenza formale ed acritica, fino a incorrere in reati penali come in Artemis. Il protagonista, come qui, in Hail Mary, cioè Randy Grace è una reincarnazione del Cow Boy Usa che è si fedele ai valori della comunità tutta, ma che è capace di azioni di rivolta, di rinuncia, di conflitto. Intraprende una vera ribellione, non tanto per sovvertire l’ordine costituito, quando, secondo la sua ottica, di renderlo più aderente e non contraddittorio nell’esercizio del suo potere, rispetto a ciò che dichiara e a ciò cui si appella in ordine all’etica, alla morale e al diritto.

A fronte di un pericolo mortale per l’intero pianeta Terra, Randy Grace accetta di collaborare mantenendo un atteggiamento da battitore libero sia nell’effettuare una ricerca di biologia e di ritrovarsi poi coinvolto in una missione spaziale, a dir poco suicida.

Lo scrittore Andy Weir, qui, affina sempre più, come nei due romanzi precedenti, il suo stile ironico e avvincente, per coinvolgere il lettore come se stesse seguendo un serial in tv. Offre una rappresentazione scenica in cui si ha la sensazione di essere immersi accanto ai personaggi. Anche qui, in modo mirabile, segue il filone della Hard Fiction, ovvero la scrittura di fantascienza che ha sì una idea attualmente irrealizzabile, ma che, se presa per vera, tutto il contorno tecnologico e le nozioni di fisica, chimica e astronomia, sono vere e coerenti nella loro relazione. Vi è una attenzione maniacale dei moti dell’astronave. Si rileva che ha studiato molto di microbiologia, e delle relazioni tra la luce e lo scambio di energia negli organismi viventi.

È uno scrittore superlativo, e non è un caso il suo successo, anche nella riproduzione filmica dei suoi romanzi, in merito a una narrazione attenta ai ritmi di comprensione di ciò che è esposto. Non è un caso che ci si senta portare per mano nel comprendere l’ambiente ipertecnologico che fa da contesto. Anche qui ha frasi “slang” che possono essere comprese in modo compiuto solo da chi vive negli USA, anche per i riferimenti a particolari modi di dire riferiti a luoghi e a persone specifiche. E questo è un limite delle traduzioni di tutta l’opera di Andy Weir: sarebbe il caso di corredare con note esplicative, quella massa di riferimenti quotidiani che è offerta. Si dovrebbe avere la capacità, la voglia, e il tempo, come solitamente il sottoscritto compie, di avviare ricerche laterali per quei termini e per quei rimandi oscuri, che in realtà però sono rivelatori di analogie e di riferimenti che offrono nuove chiavi interpretative circa lo sviluppo della narrazione.

È un peccato che non siano esplicitate, perché queste rendono più concreti i personaggi, e in particolare il loro vissuto. Senza contare poi, che lo stile è comico, con battute e motti di spirito, che potrebbero essere più ficcanti, nell’inquadrare i contesti in modo meno approssimato.

Nei romanzi di Weir, come in questo, il monologo del protagonista la fa da padrone: scandisce l’intervallo con i dialoghi con gli altri personaggi. In Martians il soliloquio mentale traccia il prima e il dopo con i dialoghi e spiega lo svolgersi dei momenti topici nell’atto del loro svolgersi. In Artemis si riprende tale stile, aggiungendo un doppio dialogo che la protagonista ha con gli eventi del passato, in modo che siano incasellati nelle scelte dell’azione presente. Anche in Hail Mary vi sono queste due caratteristiche, ma il ricordo qui, non è solo un elemento per coordinare il monologo interiore, quanto un vero e proprio antagonista. Randy Grace all’inizio del romanzo è smemorato, e i ricordi arrivano goccia a goccia, non soltanto come elementi inerti, ma come un groviglio di situazioni reali che si accostano nelle vicende del presente.

Il passato viaggia in parallelo con il presente, e la riflessione, e la chiave dell’interpretazione viaggiano entrambe nel participio passato. Il futuro, invece, si ritrae continuamente. Tutto ciò rende dinamica la storia. Va vissuta fino all’ultimo senza farsi prendere dalla voglia di sapere immediatamente la fine. Una chiave dei successi di questi libri, risiede nell’abilità dell’autore di moltiplicare il personaggio principale in tanti se stessi sia nei dilemmi morali sia nel corso della narrazione, in modo che tutti siano presenti, offrendo quindi una riflessione autoironica, disincantata e briosa.

È facile immedesimarsi con i protagonisti, perché, nonostante le avversità, i disastri, i propri limiti, hanno comunque uno spirito positivo. Cercano di capire l’oscura minaccia che si avvicina e affrontano il pericolo nel tentativo di elaborare tattiche e strategie di risoluzione. Si rimane stupiti di quante risorse emotive e cognitive i protagonisti tirino fuori dal cappello, ma Andy Weir è abile nel mostrarcele nei momenti di massima tensione, offrendo quindi l’immagine che anche noi, in condizioni di necessità, saremmo capaci di reagire in modo proficuo ed adeguato.

Per questo stile che definirei fresco e corroborante, questo libro andrebbe vissuto e sperimentato nel chiedersi quali siano i propri limiti, e nel pensare le soluzioni più adeguate per risolverli o perlomeno ridurli.

Dietro l’apparente comicità del romanzo, però sono trattati temi capitali, come l’ambiente, il senso della propria esistenza qui in questo pianeta, e l’anomalia stessa che è la Terra rispetto agli astri. Vi è un tributo alla volontà di vivere associata a una genuina sete di conoscenza.

Come in ogni sua opera Andy Weir si documenta in modo minuzioso chiedendo la collaborazione di esperti e di scienziati circa gli argomenti e gli ambiti scientifici e tecnologici in cui la narrazione è intessuta. Vi sono descrizioni della biologia molecolare e quella dei batteri. Vi è anche una ideazione comparativa riguardo le diverse forme ucroniche di evoluzioni della vita in pianeti diversi. Vi è un’ottima applicazione dei modelli delle teorie dell’evoluzione. E alla base di tutto, vi è una descrizione precisa ed attendibile dei fenomeni astrofisici e delle leggi di rotazione e di spinta per i viaggi interstellari.

La lettura di questo libro offre un’occasione per approfondire l’ostico concetto delle teorie della relatività, in particolare per le relazioni tra lo spazio e il tempo in funzione di velocità quasi prossime a quella della luce. L’esposizione, infatti, è accessibile, lineare, senza scorciatoie “gergali” o ad “effetto” che mascherano eventuali incongruenze fisiche e astronomiche.

È uno scrittore onesto: parte da una idea che è fantascientifica, ma l’ambiente e lo sviluppo della narrazione è coerente con le nostre effettive conoscenze teoriche e con le possibilità tecnologiche di oggi.

Per questo l’autore può essere considerato un rappresentante dei nostri giorni degli approcci dei grandi scrittori di fantascienza della “Età dell’oro” che oggi si definisce tra gli anni quaranta e metà anni sessanta del secolo scorso.

Vi è un elemento ulteriore che è più strettamente estetico. All’interno della trama, vi sono due grandi proiezioni dei modelli dei cicli vitali qui nella Terra e delle diverse forme di un paradigma finalistico di ciò che è il futuro e delle responsabilità delle specie più evolute. Qui siamo in un campo in cui è lo scrittore che si confronta con l’etica e la speranza.

È un’opera a tutto tondo che riempie i polmoni d’aria fresca e pulita e si sorride con piacere nell’adagiarsi a una lettura avvincente, onesta, e tutt’altro che superficiale.

§CONSIGLI DI LETTURA: STORIA MONETARIA DEGLI STATI UNITI, 1867-1960

Storia monetaria degli Stati Uniti, 1867-1960
Milton Friedman e Anna Jacobson Schwartz
Prefazione di John B. Taylor, IBL Edizione,
prima edizione 1 1963,  Princeton University Press

L’evidenza che emerge dalle vicende qui narrate, definisce come gli equilibri tra i titoli ad agire e le facoltà di impiego tra le istituzioni, siano democratiche, di reciproco controllo e di elasticità rispetto ai mutamenti macroscopici ed episodici riguardo ai processi economici e sociali mondiali. Lo studio di questo libro è una occasione formidabile per ripensare il nostro modo di intendere le nozioni di “crisi”, “moneta”, “valore”. Solitamente attribuiamo significati irriflessi e simbolici a livello totemico. Rappresentano invece rapporti sociali, nelle loro estensioni giuridiche, economiche e dei singoli rapporti sociali, nel momento stesso in cui comperiamo una caramella.

Non vi sono soltanto due mondi suddivisi tra i buoni e i cattivi, capitalisti e proletari, sfruttatori e sfruttati. Certamente tali qualifiche esistono nelle individuazioni tra i rapporti conflittuali che vi sono tra gli attori, ma in questo libro si nota come vi siano state persone e gruppi sociali che hanno agito per risolvere i problemi, in modo da porre le condizioni dello sviluppo e del benessere collettivo, oltre che alla stabilità dei sistemi sociali. Persone dotate di senso del dovere e testimoni del loro ruolo istituzionale. Al netto che molti non erano dei santi, come in ogni luogo della terra e in ogni ambiente di lavoro. Sono temi attualissimi. Si pensi solo al modo in cui noi pensiamo al termine “Crisi”: ogni volta che è stato proposto in termini apocalittici, avremmo dovuto avere la discesa degli arcangeli ogni due o tre mesi. Si prenda quest’opera come una cassetta degli attrezzi con i relativi manuali allegati, aventi la funzione di moltiplicare le possibilità di porci le domande volte a capire in modo più profondo i meccanismi attuali dei nostri rapporti sociali.

Quest’opera monumentale di ricerca applicata, di comparazione statistica, di elaborazione di teorie economiche, innestate in una metodologia di ricerca storica è stata negli anni sessanta del secolo scorso fino ad oggi, una dimostrazione formidabile dell’attività scientifica caratterizzata da una profonda onestà intellettuale nell’esporre in più registri linguistici le ipotesi e i limiti degli ambiti di applicazione.

Vi è un profondo rispetto per il pubblico di settore e per coloro che non sono pienamente addentro ai contesti e ai linguaggi economici, statistici e di politica monetaria. Nonostante l’intervallo temporale di studio e la complessità di ciò che si va a studiare, i resoconti, le tabelle, le formule di applicazione, la creazione degli indicatori e la loro messa in opera, oltre a essere rappresentate da una forma rigorosa, sono accompagnate da spiegazioni e correlazioni aventi una narrazione piana, lineare, volutamente lenta e scandita nei passaggi.

Il testo può essere letto come una catena di risultati di ricerca applicati a gruppi di anni disposti in serie cronologica ben definiti, disposti in contesti di analisi documentati con plurime rappresentazioni algebriche, grafiche, normative, valutative e politiche.

Non ci si annoia perché tutto ciò che viene proposto dalla raccolta e dalla elaborazione dei dati, oltre alla loro definizione e disposizione in teorie descrittive l’agire umano, l’andamento delle economie, e le prospettive di benessere e di ricchezza o di povertà per tutti noi, tutto ciò considerato un fatto non pienamente chiaro. L’attività di ricerca, quindi, non si ferma solo nella definizione coerente di ipotesi e nella loro disposizione in teorie ben comprese dal pubblico di riferimento. E non è conclusa neanche nella determinazione dei protocolli intersoggettivi di ricerca e di raccolta delle informazioni, tali da poter essere trasformati in “dati”, “variabili” che riportino una descrizione evolutiva dei processi storici dell’andamento della moneta, anzi delle monete, dei prezzi, dell’inflazione, del reddito, del PIL.

Il passo veramente degno di nota, è la fase rigorosissima di comparazione tra gli Stati nei loro rapporti economici, produttivi e finanziari di scambio, ove anche la moneta (e quindi la ricchezza dei singoli e delle collettività) è messa in questione nell’attendibilità dei risultati ottenuti.

Tutto ciò è innestato in una discussione aperta e con argomenti NON AMBIGUI e ben delimitati nel porre le valutazioni in modo che le correlazioni rilevate abbiano l’attitudine per un impiego di analisi attraverso modelli di causazione. Si cerca in modo filologico di riconfigurare il processo storico in una proposta di cause ed effetti, per spiegare singoli eventi e disporre tendenze di lungo periodo.

La bellezza, vero e proprio godimento estetico, affiora dal rispetto e dall’educazione che i due autori hanno verso i collaboratori della loro ricerca pluriannuale spiegando e riconoscendo in modo puntuale il loro contributo.

Tale caratura morale emerge anche nel modo in cui il lettore è invitato a questo libro. L’anfitrione, cioè i due autori, aprono la porta a noi ospiti e si collocano di lato, in modo che si possa accedere con agio e in libertà.

Il libro è voluminoso e a parte qualche specialista, difficilmente può essere letto immediatamente e con speditezza fino alla fine. Qui è la sua caratteristica: è un insieme di più tomi, con dentro plurime narrazioni dal punto di vista economico, storico, politico, statistico, metodologico, le quali costituiscono un’unica e ben congegnata trama narrativa.

Ognuno di noi ogni giorno compera qualche cosa e richiede un servizio e lo paga. Siamo sottoposti al pagamento delle tasse e delle imposte. Cerchiamo di ottenere redditi e, profitti per impiegarli in consumi e investimenti. Dal pacco di pasta, ad una obbligazione, al pagamento di una assicurazione, al richiedere il servizio di trasporto e di assistenza.

Consiglio di non correre nelle prime pagine e di fermarsi, per approfondire il significato esplicito dei termini esposti in modo preliminare. Consideriamolo come un allenamento iniziale prima di recarsi in palestra. È un investimento su noi stessi.

Se ci facciamo caso gli orientamenti politici, le opinioni, le discussioni che abbiamo ogni giorno, derivano anche da quell’oggetto mistico denominato “moneta”. Quest’opera è una occasione per acquisire un approccio laico nell’affrontare questo tabù, in modo tale da non cadere preda da santoni, da coloro che svolgono politiche in modo populistico, sollecitando le nostre paure, insicurezze e angosce.

È un gigantesco esempio di condivisione democratica del sapere, oltre che a fornire un livello dei nostri livelli e abilità nel comprendere gran parte delle nostre attività sociali, sia a livello individuale sia collettivo.

E in più si nota come le vicende assumano quasi la caratura di un romanzo riguardo gli scontri tra i gestori delle istituzioni bancarie e governative, locali e nazionali. Emerge in un’ottica di lungo periodo la considerazione che una ripartizione dei poteri non ambigua, il reciproco controllo, e la nomina di persone qualificate e non cooptate, sia la migliore garanzia per attrezzarsi ad affrontare le crisi.

Si può anche riporre il testo dopo averne letto una parte minima, per poi, dopo aver approfondito ciò che riteniamo utile, riprenderlo, ritornare indietro e proseguire la storia di questa moneta negli USA, per limare uno spettro di osservazione e di elaborazione a più dimensioni.

Non è un libro che impone il suo sapere a noi incerti e ignari, volto a imporre per autorità teorie già ben definite. Abbiamo, invece, la possibilità di condividere i dubbi, i miglioramenti e l’offerta di un’etica tesa alla ricerca e al sapere condiviso, dove l’inadeguatezza e l’ignoranza è un tratto essenziale, che innestato in una biografia avente l’etica del rispetto e del miglioramento, offre un esempio di scambio e di crescita personale in una cittadinanza del sapere democratico.

Il dubbio, l’umiltà, la volontà di migliorare forse sono il risultato che scandisce la tonalità di questo studio monumentale: il nostro tesoro condiviso.

§CONSIGLI DI LETTURA: LA VOCE DEL PADRONE

La Voce del Padrone, di Stanislaw Lem (Autore),
Vera Verdiani (Traduttore), 2022, Mondadori, Milan
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[La sfida: ecco il tuo specchio personale: guardati…. fino in fondo. ]

Il singolo e l’umanità che si spogliano innanzi allo specchio. Lo scrittore e il protagonista si presentano all’inizio in un gioco di riflessi fino a coincidere in una forma che ripropone il passato, vero per il primo, inventato per l’altro. Nel futuro, ricostruendolo, comprendono l’intimità più nascosta della loro natura. Capaci entrambi, immorale il primo, severo il secondo, incline a seguire le sirene della vanità e dell’orgoglio.

Pregevoli le prime pagine nell’offrire temi storici incastonati a questioni moderne, nel porre una loro analisi impietosa, cruda, ma onesta riferita a come il singolo cresca e si relazioni con la collettività e quindi ancora, per analogia, tra l’individuo e la sua rappresentazione immaginaria sociale. Il conflitto permane attraverso l’ipocrisia e il compromesso laido: le catene rivoltanti, ma efficaci per tenere in gabbia la crudeltà e la volontà di sopraffazione nel ritenere il mondo un oggetto nelle proprie mani.

Eppure il mondo risponde con un segnale che arriva dalle profondità dell’universo, costituito da un raggio neutrinico portante agglomerati di frequenze, ampiezze e fasi non casuali. Con fissi cicli di ripetizioni settimanali.

Il libro è stato scritto nel 1968 in piena guerra fredda e si descrive la ripetizione di un “Centro Manhattan” di scienziati che usano le tecnologie nucleari per decifrare e comprendere cosa sia questo flusso, da dove viene ed eventualmente intuire chi e cosa sia il mittente, e se comunica qualcosa: il relativo messaggio.

Il protagonista, un grande matematico, con riluttanza accetta la chiamata. E qui inizia un percorso biennale nel tentativo di capire qualcosa in merito. L’attività è dissimulata rispetto al pubblico ed entro questo centro tantissimi gruppi di scienziati sono posti di in condizione di lavorare uno in modo indipendente dall’altro. Il protagonista descrive le meschinità, le aspirazioni e le bassezze dei suoi colleghi, tra i quali anche lui ci si mette come grande saggio e conoscitore della (propria) meschinità.

E in più si passa ai politici e ai ministri di governo, che assieme ai militari, sono preoccupati di eventuali minacce extraterrestri, dalla possibilità di dover gestire la conoscenza di altre società intelligenti e forse più evolute da parte dell’opinione pubblica e ancor di più di dover dire che l’intelligenza umana e forse la stessa specie umana, siano un prodotto di qualche altra forma di vita.

È un libro formidabile perché attraverso i tentativi di decifrazione la narrazione, in una forma di monologo interiore retrospettivo, tramutato in forma di diario, che si traveste come in un gioco degli specchi in un diario intimo, analizza in modo epistemologico gli approcci scientifici nell’accostarsi questo mistero.

Attraverso le attività dei singoli scienziati, dai biologi, dai fisici, dai matematici, dagli ingegneri, dai chimici, vengono sviscerate (sì proprio nel senso di scarnificare) senza indulgenza i pregiudizi, gli stereotipi di fondo, gli assunti infondati, i precetti di fede nell’intendere la propria attività di ricerca, il senso del mondo, e le domande che riducono il flusso neutrinico secondo la propria visione limitata della realtà.

Il flusso neutrinico è un solo messaggio? Oppure è una struttura che ha all’interno gli stessi comandi per creare qualcosa di inedito? Sono più messaggi? È rivolta a noi o è di passaggio? È un brandello di qualcosa di più complesso? E poi non potrebbero essere caratteristiche della fisica a noi sconosciute? E ancora esisterebbero veramente esseri viventi come mittente? E chi lo ha detto che sia emanato da qualcosa che noi definiamo intelligente?

Queste sono le prime domande che via via nei capitoli assumono un senso filosofico, in cui si argomenta circa la limitatezza dell’essere umano, dei nostri modi di ragionare, sul senso del nostro mondo, e della nostra esigenza di demarcare l’inconoscibile. E in più il gran dilemma su ciò che è il mistero e di come noi si possa esserne parte.

Il terrore e l’orrore, la speranza e la gioia, il senso dell’angoscia e del timore.

È un romanzo che non ha una trama lineare. Non va letto in modo rilassato. È un libro che sfida il lettore e lo invita a guardarsi di fronte allo specchio, dicendo che la prima immagine che vedi è la prima bugia che ti sei creato.

La prima pagina è una porta in cui vi è un segnale che indica una via per conoscere noi stessi, senza sconti. Sono argomenti che ci sfidano e interrogano il lettore, il quale se accetta la fatica del rispondere all’invito, sicuramente avrà più punti di vista in regalo per poter parlare di sé e del futuro.

§CONSIGLI DI LETTURA: L’AVVOCATO DELL’ATOMO. IN DIFESA DELL’ENERGIA NUCLEARE


Luca Romano, “L’Avvocato dell’Atomo.
In difesa dell’energia nucleare”, 2022,
Collana: Le terre, Fazi Editore, Roma

Questo libro è una sentinella che informa sullo stato delle nostre superstizioni rimosse, sulla pigrizia intellettuale, e sull’attitudine a non volersi confrontare con il proprio grado di ignoranza.

È una sfida. Qui in Italia, oggi, la gran parte dei cittadini sobbalza sulla sedia leggendo “energia nucleare”. Abbiamo una gigantesca costellazione di miti, pregiudizi, paure ancestrali inconsce e indotte, che converge verso questa locuzione composta.

L’energia nucleare è anche un luogo che facilita le nostre convinzioni circa la giustezza di ciò che noi sappiamo essere “buono”; “pacifico”; “pulito”; “ecologico”; “amorevole”; “bello” contro questa “strana” bruttura che comporta univocamente la desolazione e la morte.

Vi è un elemento che di dovrebbe almeno aprire i ragionamenti con un dubbio: quanto ne sappiamo di fisica, di matematica, di economia? Sappiamo leggere i numeri? Siamo dotati di minime capacità di valutazione che non siano soltanto approssimative ed emotive? Non si sta richiedendo una conoscenza formale universitaria, e neanche quella di un diploma di scuola media superiore. No, si richiede un’apertura al confronto con sé stessi.

L’autore non intende imporre una modifica radicale dei giudizi di ognuno circa l’assetto di politiche energetiche che dovrebbe adottare il nostro paese nel medio periodo. E non vi neanche l’ansiogena richiesta di accettare immediatamente l’avvio di un procedimento di costruzione di centrali nucleari diffuso in ogni territorio locale.

Se siete arrivati sin qui nella lettura, e avete letto in modo lineare senza porre un “ma”, se non quello del nucleare “brutto e cattivo”, allora avete già seguito inconsciamente un mito, perché l’energia nucleare non è soltanto la “centrale nucleare”. Preannuncio una notizia incredibile ai più: noi abbiamo a che fare continuamente con essa, e non a livello metaforico.

Si potrà rimanere della stessa idea, ma almeno proveremo il nostro grado di ragionamento nel capire chi vorremo essere nel futuro prossimo. Nella vita quotidiana confondiamo nei ragionamenti, il Pericolo, il rischio, e il rischio percepito.

“[…] le principali accuse al nucleare (la maggior parte delle quali, come si vedrà, sono vere e proprie fake news) vengono dissezionate e analizzate una per una, fornendo al lettore gli strumenti per farsi un’opinione basata sui dati e sui numeri. Qualche anticipazione? Le scorie nucleari sono riciclabili, il nucleare è tra le fonti energetiche più sicure e il prezzo dell’energia ha ben poco a che vedere col costo di produzione della stessa. Ma soprattutto, senza il nucleare (l’energia più green di tutte!) sarà pressoché impossibile porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili in tempi utili: un obiettivo ormai imprescindibile non solo per ragioni ecologiche ma anche geopolitiche, come il conflitto ucraino ha reso drammaticamente evidente. Al termine della lettura, se non sarete diventati favorevoli al nucleare, quantomeno non vi sembrerà più tanto ostile […]”

‘[…] Sapevi che il disastro nucleare di Fukushima non ha causato alcuna vittima?

E che le compagnie petrolifere per decenni hanno fatto di tutto per tenere nascosti i benefici dell’energia nucleare?

Sapevi che le scorie nucleari prodotte in un secolo da tutta l’umanità potrebbero stare in una singola nave e che l’uranio si può estrarre dall’acqua marina?

Che l’Italia negli anni Sessanta è stata la terza potenza nucleare mondiale, davanti a Francia e Unione Sovietica?

E che oggi il nucleare rappresenta uno strumento indispensabile per liberarci dei combustibili fossili? […]”

Il testo è ricchissimo di esempi, dati, cifre, fonti pubbliche accertabili facilmente anche online. Difficilmente ragioniamo sulla installazione, produzione e diffusione delle “energie rinnovabili”, omettendo che consumano tantissimo suolo, che inquinano, che sono rischiosissime anche loro, e che hanno bisogno di gas e oil (e pure il carbone) per funzionare. Tanto per citare alcuni aspetti: abbiamo bisogno delle terre rare per la produzione delle tecnologie di primo impiego per le rinnovabili, ebbene a parte che devono essere estratte in miniera, con tutto quello che comporta di consumo di idrocarburi, ma quasi nessuno di noi vuole pensare che, per trattarle, si usano gas tossici. Secondo Shareholders for Change, un’organizzazione che si occupa di azionariato etico, ogni tonnellata di terre rare comporta 60.000 m3 di rifiuti gassosi contenenti acido cloridrico (viene usato per purificare i minerali), assieme a 200 m3 di acidi liquidi e 1,4 t di rifiuti radioattivi1.

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151-2  […] Già, perché molte terre rare sono “figlie” di decadimenti radioattivi di elementi come radio, radon, torio ecc., e quindi nell’estrazione e nella purificazione si generano scarti radioattivi. Ma siccome non sono scorie nucleari, nessuno verifica che siano smaltite correttamente   […].

Attenzione. Il testo non va contro le altre forme di reperimento e di determinazione delle fonti di energie altre rispetto al nucleare, perché esso non compete realmente con le rinnovabili, dal momento che si tratta di fonti adatte a coprire porzioni differenti del carico di rete (il nucleare è adatto a fornire il carico di base, le rinnovabili a coprire i picchi); compete principalmente con i combustibili fossili, e infatti proprio l’industria dei combustibili si è resa responsabile, storicamente, di diverse campagne di lobbying contro il nucleare (in maniera più o meno palese).

Negli ospedali ogni volta che ci sottoponiamo a una radiografia o a una tomografia, abbiamo a che fare con il nucleare. Nel campo alimentare, tutti i cibi sono sottoposti a raggi radioattivi e poi impacchettati, da decenni, per bloccarne la decomposizione. Stiamo tutti bene, e si è ridotta la fame nel mondo. Il nucleare non consuma il terreno, e non ha bisogno di colossali quantità di acqua, con la correlativa costruzione di dighe che stravolgono il paesaggio. 

Le radiazioni sono ovunque. Anche noi stessi ne siamo vettori. Quasi tutti non sanno quantificare. Questa lettura è una occasione per comprendere l’impiego dei di soglia, di livello e di capacità. Tutto ciò ricade sul nostro portafoglio.  

Siamo isterici sul nucleare, ma quando vi è la notizia che a Roma, o da qualche altra parte vi è un incendio in una discarica, alziamo le spalle, o formuliamo una frase fatta, dimenticando che quei fumi sono dannosissimi perché contribuiscono a elevare indirettamente il tasso dei decessi negli anni, inquinano in modo esponenziale, e comportano la necessità di erogare tanti soldi per tamponare quelle vasche bucate… dalle nostre tasche. Oltre a distruggere gli ecosistemi. Quanti di noi ricordano i morti per l’acqua? Per i gas? Nel nostro paese soltanto. Dovremmo esserne terrorizzati. Eppure solo il nucleare è l’orco.

So già che molti penseranno: Eh ma le scorie? Le conseguenze? I costi? Ecco nel libro si tratta proprio di questo, senza omettere nulla, offrendo dati e grandezze. Senza aver la pretesa di farci cambiare idea, ma con la speranza di formulare valutazioni più approfondite sulle conseguenze dell’uso di altre forme di energia.

Avremo la possibilità di discutere con maggiore discernimento sul nostro futuro, con la possibilità di toglierci qualche catena di superstizioni, pregiudizi, e miti dal collo.

Lo stile è accessibile, e si legge in sequenza, e ogni termine è spiegato in modo chiaro con note e citazioni allegate.

Buona lettura e che sia un passo verso un futuro più ricco di vita e di idee.